Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 14/03/2014
In realtà il ciclista e soprattutto il biker trae il massimo del godimento, quando è ora di intraprendere la discesa. Pensare che un biker tragga soddisfazione solo dal far forte le salite è istigazione al masochismo.
Stasera ne ho avuto la prova nell'uscita di un'ora e mezza assieme a Suor Germana e a Francesco Gugole. Quando torni a far filare la mountain bike in mezzo ai sassi smossi che delimitano un single track o quando, sia con abili che con goffe manovre, scansi col corpo la frasca nel mezzo di un passaggio, torni a capire quanto è importante provare spesso questa sensazione di adrenalina.
Passi insomma per aver fatto un Piccolo Stelvio in dieci minuti netti, anziché in otto, passi per essere arrivato in cima senza aver conosciuto l'oltretomba cardiovascolare, l'appagamento sta tutto lì. Nella discesa.
Un biker che esce con la mountain bike sa cosa voglio dire. Quando ti mette a scendere con la bici, non c'è molto tempo per pensare: c'è da mettere sempre le ruote nel posto giusto, senza toccare possibilmente i freni. Lasci a casa ed in ufficio tutti i pensieri. Ti scivolano dietro come l'aria che stai fendendo.
Ma c'è anche molto tempo per far affiorare una quantità di ricordi che rimangono indelebili nella mia mente, ricordi che conducono alle più belle gare e a quelle più ricche di emozioni.
E non serve per questo arrivare a scendere a cannone rischiando di spezzarsi in due per una questione di orgoglio o più tecnicamente di "celodurismo da discesa". Quando ti senti la bici in mano - o forse sarebbe il caso di dire "quanto ti senti perfettamente la bici sotto il culo" - com'è il caso di una bella ventinove pollici come la mia, magari leggermente tarata a favore del divertimento in discesa, cioè con la forcella che asserve un po' morbidamente le asperità del terreno e le gomme a pressioni non esagerate, ti viene tutto facile, compreso qualche droppetto e qualche bunny hop, e ti viene da fare delle traiettorie che si potrebbero mettere giù con delle forme polinomiali fino a x alla quinta. Ed in fondo alla discesa il sorriso stampato sul viso è garantito.
Ecco perché uscire un paio di volte la settimana fa bene al biker - soprattutto quello amatore - più di qualsiasi altra terapia: perché fa secernere una buona dose di serotonina, l'ormone del buon umore. Ecco perché se mi dicono che sono "drogato", sono fiero di me.
Ancora volta lancio un messaggio universale per il popolo dei biker: "Molela".
Non voglio intavolare un'improbabile dissertazione che gira attorno al fatto che ultimamente faccio sempre più fatica a pedalare, non lo vorrei fare, ma la mia natura di ciclista amatoriale è quella di essere lamentoso: devo pedalare di più, ma non faccio abbastanza, devo mangiare meno, per trovare una forma migliore, devo migliorare in quelle situazioni, perché sono un po' carente e tutte manfrine di questo genere. Alzi la mano il ciclista amatoriale che, alla luce dei fatti, pensa di non fare abbastanza - esclusi quelli che escono almeno quattro volte la settimana...
Chi conosce le mie faccende personali, familiari e lavorative, ne conosce le ragioni e quindi ha elementi sufficienti per capire, però rimane il fatto che rimane il fondo della verità e che cioè io voglio ancora pedalare e divertirmi in bicicletta.
Succede che se stai però lontano dalla bici per due o ben tre settimane consecutive, per motivi diversi da qualche influenza o raffreddore, ti ritrovi in forte difficoltà dopo tutto questo tempo.
La prima cosa che sparisce istantaneamente è il fiato. Sali in bici, cominci a pedalare e finché la strada è piana, il battito cardiaco va su velocemente e la cosa non può che essere apprezzata positivamente. Tutti direbbero: "Eh, chiaro! Hai il cuore riposato, è normale che salga rapidamente di giri".
Quando però attacchi la prima salita, ti accorgi che le cose non sono così semplici. Non vai avanti, nonostante tu ci metta tutta la tua buona volontà. Infatti da metà gennaio in poi, ho provato più di qualche volta a fare "piccoli stelvi", ma i tempi sono lontanissimi da quelli che segnavo un anno fa, quando invece ero preso a valutare ben altri problematiche, cioè primariamente quelli di abbandonare la forcella rigida e a vedere quanto avrei perso in salita con un chilogrammo di più a bordo.
Se esci una volta ogni due settimane, i tempi si dilatano in salita anche del 20%, per cui ci si potrebbe mettere lì anche a fare qualche calcolo, per stabilire quale sia il livello di performance rispetto al proprio "top della forma", cioè quello in cui le cose ti vengono facili, in salita voli e non senti nemmeno la catena.
Se però... se però ti rimetti ad andare in bici perché le "condizioni al contorno" te lo permettono e la situazione meteo torna ad essere favorevole, come sta succedendo in queste settimane di marzo, cioè quantomeno si riesce a fare un'uscita nel corso della settimana lavorativa e magari riesci a combinare un lungo nel fine settimana, allora la musica cambia completamente.
Dopo la fase iniziale di sconforto e la difficoltà oggettiva di trovare una prestazione decente, le cose cominciano a girare per il verso giusto e torni a prenderci gusto, perché vedi che i "tempi impossibili" di una volta sono meno inavvicinabili, il fiato torna ad essere un po' più sostenuto, mentre il miocardio riprende a lavorare a frequenze più umane pompando anche più sangue alle gambe - e magari un po' meno al cervello.
Mi sono ritrovato a scrivere già un papiro sulla ripresa delle attività, ma vengo al dunque nella parte 2.
Fotografie del 14/03/2014
Nessuna fotografia trovata.
|